09/05/09

California III – Prima Parte

ocean pie cap 3 I

III

In viaggio verso l’orizzonte

Prima parte

I giorni passano tranquilli e sereni, e Los Angeles mi piace sempre di più. Ogni sera è ormai un’abitudine andare a prendere un bel caffè scuro e profumato, in quel piccolo locale nel centro di Glendale, l’Ocean Pie, non riesco più a farne a meno!

Mi piace molto quel posto, è carino e molto accogliente. All’interno ricorda l’Arnold’s di Happy Days. È arredato in stile anni ’50-’60, con piccoli tavoli quadrati e sedie in legno –come le rifiniture sulle pareti, e il grande bancone posto di fronte all’ingresso, che invece è completamente in vetro- al centro, e comodi divanetti rossi accostati al muro, dove si possono gustare svariate consumazioni, con contorno di ottima musica, ovviamente sbalzata fuori da un colorato jukebox d’epoca! Una delle pareti, è riservata alle foto delle celebrità che nel corso degli anni sono passate da qui. E’ davvero piena zeppa!

Il proprietario è un uomo sui cinquanta -probabilmente figlio di chi ha aperto il locale, a giudicare dall’aspetto datato delle foto- cordiale e simpatico, di nome Joe, che s’impegna a dare quel tocco moderno e di classe al suo diner, pur mantenendo l’atmosfera informale e spensierata che si respirava cinquant’anni fa. L’Ocean Pie è frequentato da persone di ogni età, ma per la maggior parte si vedono trentenni, più o meno. Comunque è un ambiente abbastanza giovanile, a prescindere dagli anni della gente, e per niente snob. Mi chiedo come Joe riesca ad attirare e mantenere una clientela così vasta, visto che altri locali di questo genere, e non solo, sono frequentati sempre dallo stesso tipo di persone.

Quasi sempre, qui incontro Bob, insieme scegliamo qualche canzone da ascoltare -immancabilmente deve essercene almeno una dei Beatles, altrimenti mi tortura tutta la sera citando frasi di pezzi rock, ripetendole in continuazione finché non le imparo!- e scambiamo chiacchiere e pensieri in allegria, parlando naturalmente anche di cose più serie.

Sta nascendo una bella amicizia tra noi, è una delle poche persone che a pelle mi ha subito ispirato fiducia, ha un non so cosa di angelico nell’espressione, che lo rende speciale… e mi viene naturale cominciare a fargli alcune confidenze, cosa ricambiata anche da lui.

È strano… ci frequentiamo solo da qualche settimana, eppure mi sembra di conoscerlo da sempre… anzi, comincio a pensare che in un’altra vita l’ho avuto a stretto contatto per molto tempo!

Meg invece, non esce spesso. Mi ha presentato un po’ di gente e mi ha dato tutta la sua disponibilità per qualsiasi cosa avessi bisogno… Ma evito lo stesso di chiamarla, lei ha il suo George, vivono lontani, hanno pochissimo tempo per stare insieme, ed è giusto che le ore libere le dedichi alle sue telefonate, piuttosto che alle mie. Quindi, anche se so che le fa piacere sentirmi o stare con me, mi faccio da parte e le lascio vivere la sua storia e la sua vita senza troppe ‘invasioni’, chiamandola ogni tanto per salutarla e parlare del più e del meno, o aspettando che mi chiami lei.

George mi piace molto, anche se l’ho visto poche volte, è un ragazzo dolcissimo e allegro, la ama e si vede lontano un miglio, la rende felice. Non vive a Los Angeles -vive a Denver, Colorado- ma ogni volta che il lavoro glielo consente, corre subito dalla sua ragazza. Quando li vedo insieme, il mio cuore si riempie di gioia, sono una coppia stupenda, anche Bob pensa la stessa cosa…

Già… Bob… Con una punta di delusione vedo che l’ora del suo consueto arrivo è passata già da un po’. Evidentemente stasera avrà avuto altro da fare… Forse è uscito con qualcuna delle sue tante corteggiatrici… O forse era semplicemente stanco ed è andato a dormire… affari suoi comunque… non deve certo dar conto a me!

Starmene qui da sola non è la stessa cosa, non è divertente come quando c’è lui, nonostante Joe, ogni tanto, si sieda e scambia qualche parola con me, tenendomi un po’ compagnia.

 Continua…

 seeburgc_jukebox_2

2 commenti:

  1. Insieme alla Narratrice, iniziamo ad entrare nell'atmosfera di quest'angolo particolare di mondo che è l'Ocean Pie.
    Una dimensione fuori dal Tempo, accentuata dai rimandi agli anni '50 e '60 (l'arredamento, il juke-box, le foto), un'epoca di fanciullesca ingenuità e spensieratezza. Quando i sentimenti erano in bianco e nero, proiettati sullo schermo di un cinema, e le storie avevano un inizio, uno svolgimento, una fine.
    E insieme alla Narratrice iniziamo a conoscere sempre più i personaggi, accompagnandola man mano che la sua confidenza cresce, alle emozioni che seguiranno.
    Perché come in una canzone dei Beatles, che Bob sembra amare così tanto, è l'Amore che muove il mondo, a cominciare dai piccoli mondi per arrivare all'Universo.
    E come in una loro canzone, Love is all we need.
    Per questo fremiamo con la Narratrice, chiedendoci come mai Bob tardi ad arrivare, e aspettiamo insieme a lei il seguito, come nei migliori serial a puntate.
    Quando l'Amore permette alle storie, alle visioni, alle immagini, di prendere corpo, e toccare la nostra sensibilità, allora è una vittoria del bianco sul nero, sopra quello schermo d'argento che è la Vita.
    La capacità di narrare l'Amore, che è il sentimento più raccontato del mondo, facendo sì che ci sembri se ne parli per la prima volta, rende i racconti poesie.
    Chi ha quella capacità, ha un dono, un talento, un fuoco sacro, che brucia di azzurro come l'insegna dell'Ocean Pie, in quell'immagine che campeggia a inizio capitolo.

    Semplicemente perfetto. Va dritto al cuore. Sei bravissima, Samy.

    Ti Amo, mia dolce Ondina scalza
    Robi

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  2. Poi la protagonista scoprira che Bob quando se ne va è un serial killer spietato ... no eh? ... a me mi ha rovinato Tarantino, non posso vedere scene cosi senza aspettarmi uno che mi lega e mi fa a fette con il suo rasoio da barba ... con musica di sottofondo ovviamente.
    POTERE AL DUBBIO!

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