01/03/10

Il Teschio del Capitano – Parte II

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*Testi in collaborazione con Roberto Sonaglia

Il Teschio del Capitano

Seconda Parte

Carmela continuava a far visita al suo teschio, ogni giorno, ora più che mai, perché le aveva fatto la grazia, e doveva venerarlo ancora più di prima. Quando Felice le chiese di sposarlo, lei gli disse che avrebbe accettato, ovviamente, ma prima avrebbe dovuto conoscere l’anima pezzentella che aveva fatto in modo si incontrassero.

Anche se non aveva mai creduto a cose del genere, schernendole appena gli si presentava l’occasione, il ragazzo assecondò la richiesta della fidanzata, e una settimana prima del matrimonio, andò con lei al Cimitero delle Fontanelle, scettico come sempre, ma incuriosito dall’entusiasmo della ragazza.

Rimase un po’ perplesso quando vide che non appena arrivati lì, la sua futura moglie si inginocchiava ai piedi del teschio e cominciava a pulirlo, lustrarlo, veneralo, ignorando totalmente la sua presenza.

Ingelosito dalle attenzioni che Carmela dedicava a quei resti consumati, e per distogliere la ragazza da quella reliquia senza nome, infilò il suo bastone nell’occhio sinistro del teschio, sollevandolo più o meno all’altezza della sua testa.

- Cosa dite Carmela, invitiamo anche lui al nostro matrimonio? – chiese sarcasticamente alla fidanzata, fissando il teschio ruotare sul bastone, sul quale lo teneva ancora infilato, mentre lo muoveva.

- Smettetela Felice, non è divertente! – esclamò la ragazza afferrando il teschio e rimettendolo a posto.

- Si, dai amico… sei ufficialmente invitato al nostro matrimonio! – continuò ancora il ragazzo ridendo.

Carmela non rispose, preferì far finta di nulla in quanto sapeva quello fosse l’unico modo per far sì che il fidanzato la smettesse; finì le sue preghiere e tornarono a casa.

Felice non apprezzò l’atteggiamento ostile che la fidanzata aveva avuto nei suoi riguardi, e le disse minacciosamente che se avesse continuato ad andare in quel cimitero a venerare quello stupido teschio, il matrimonio sarebbe saltato.

La ragazza sentì di non avere scelta, doveva fare quello che il futuro marito le aveva chiesto, ed era sicura che anche l’anima del suo amico fosse d’accordo, infondo era per trovare marito che era andata a pregare il teschio, ed era giusto così. Ora che aveva trovato un uomo da sposare, doveva fare di tutto per tenerselo stretto.

 

Arrivò finalmente il giorno delle nozze, Felice e Carmela, raggianti al suono della musica nel salone addobbato a festa per l’occasione, si divertivano tra parenti e amici che auguravano ai novelli sposi fortuna e una lunga vita, mentre danzavano punzecchiando il rinfresco.

Tutti gli invitati avevano notato l’entrata trionfale e la successiva presenza di un soldato spagnolo coi gradi di capitano, che teneva un bicchiere in mano ma non beveva, e non aveva toccato niente dal rinfresco, ma nessuno sapeva chi fosse, nemmeno gli sposi. Lo sconosciuto si limitava a salutare con un cenno del capo e un sorriso chi lo guardava, non faceva altro, nemmeno le congratulazioni alla coppia felice. Era un uomo di bell’aspetto, sui trentacinque anni, la sua figura era slanciata ed elegante, e la benda nera che gli copriva l’occhio sinistro – probabilmente deturpato da una ferita di guerra, decisero gli invitati - lo rendeva ancora più affascinante, dandogli quel velo di mistero e un’aria vissuta che intrigava tutti i presenti. Ogni tanto si sentivano alcuni che bisbigliando facevano supposizioni su quell’ufficiale sconosciuto, qualcuno ipotizzò anche fosse un soldato straniero di passaggio, che incuriosito dalla festa, aveva voluto partecipare al ricevimento nonostante non fosse stato invitato. Felice non gradiva la sua presenza, soprattutto quando il tipo guardava sorridendo la sua donna; si lamentava con la moglie fino ad esasperarla, ma per non rovinarsi la festa e in nome dell’educazione che il buon nome della sua famiglia gli imponeva, se ne stava tranquillo e zitto cercando di nascondere agli altri la sua irritazione, pensando che tanto, finito il ricevimento, non avrebbe rivisto mai più quel soldato.

Il ricevimento era giunto quasi alla conclusione, mancavano solo i confetti e poi gli sposi sarebbero stati liberi di consumare il loro amore in paziente attesa dietro la porta della camera nuziale nascosta tra le tende di velluto rosso, che avrebbero custodito il momento più anelato dal neo marito, ansioso di sentirsi uomo completo.

Il soldato sconosciuto continuava a guardare insistentemente la sposa, con lo sguardo reso ancora più penetrante dalla presenza della benda, sorridendole. Lei per gentilezza ricambiava il sorriso, ma sfuggiva allo sguardo sperando che il marito non se ne accorgesse. Felice invece aveva notato quelle occhiate fin dall’inizio della serata ingelosendosi sempre di più, a tal punto da non riuscire a contenersi quando quell’uomo osò fare l’occhiolino a sua moglie, mandandolo su tutte le furie.

- Ora state esagerando, amico! O mi dite chi siete, oppure ve ne andate, qui nessuno vi ha invitato! – gridò lo sposo arrabbiato.

- Ma come, Felice, non mi riconoscete? – rispose l’ufficiale pacatamente, sorridendo maliziosamente tra l’improvviso silenzio dei presenti che li circondavano.

Felice lo guardò stupito – Ci conosciamo…? – chiese confuso.

- Certo. Mi avete invitato proprio voi al matrimonio, una settimana fa, l’avere dimenticato? – continuò il capitano.

- Veramente… non ricordo… - rispose lo sposo sempre più confuso, cercando di rammentare dove avesse incontrato quell’ufficiale.

- No? Mi avete infilato il bastone nell’occhio, e mi avete detto di venire al vostro matrimonio. Ora ricordate? – disse il soldato cominciando a ridere quando Felice iniziò a tremare senza riuscire a parlare – sono proprio io, il teschio che vostra moglie venerava!

I presenti cominciarono ad urlare mentre gli sposi increduli e impauriti si dicevano che era uno scherzo fatto da qualcuno che aveva assistito alla scena, non poteva essere possibile…

Il Capitano cominciò a ridere forte, mentre il suo corpo cominciava a degradare e consumarsi progressivamente. Gli invitati scapparono via gridando di terrore, rifugiandosi nelle chiese più vicine per chiedere a Dio di non essere colpiti dall’ira di quell’anima dannata.

Gli sposi, paralizzati da qualcosa più forte di loro, assistevano alla scena tremando e piangendo, urlando disperati e chiedendo pietà a quell’entità infuriata con loro, fino a che il Capitano non tornò ad essere che un teschio, e i due morirono sul colpo, prima che anche il teschio scomparisse del tutto.

 

 

Tuttora oggi, a distanza di quasi due secoli da quell’evento, il Teschio del Capitano è custodito in una teca di vetro al Cimitero delle Fontanelle, riaperto al pubblico nel 2006, e di fronte a quella teca, in una bara scoperta, giacciono uno accanto all’altro gli scheletri dei due sposi.

La particolarità di quel teschio – che presenta tra l’altro un alone nero intorno all’occhio che si dice trafitto dal bastone dello sposo - è, che a differenza degli altri crani sui quali è accumulata la polvere posatasi nei secoli, è sempre ben pulito e lucidato. Forse perché assorbe meglio degli altri resti l’umidità di quel luogo sotterraneo scavato tra pietre di tufo, o forse per ragioni misteriose, a noi sconosciute.

Qui a Napoli si è sempre detto che l’umidità di quel posto sia il sudore delle anime del purgatorio, un’emanazione purificante dell’aldilà, che rappresenta le fatiche e le pene a cui le anime sono sottoposte per scontare i loro peccati. Sarà vero? E se fosse così, tutta l’eternità basterebbe a farci meritare il Paradiso, o almeno un po’ di pace?

teskio

1 commento:

  1. Ghost Story popolari, parabole morali, testimonianze su usi e costumi di epoche andate, recupero di un patrimonio culturale tramandato oralmente, di questo e altro, esegeticamente, abbiamo già parlato, commentando la prima parte di questo racconto, che attinge a leggende mescolate di vita, con tutta la magia, il mistero e gli insegnamenti con cui la vox populi ha voluto decorare il Teschio del Capitano.
    Ma al di là di tutto questo, è il racconto che ci interessa, la pura, semplice esposizione dei fatti in forma letteraria. E allora ogni intellettualismo lascia il posto al puro piacere della lettura, e non importa se, e come, questi fatti siano realmente accaduti. Importa come, lasciandosi cullare dal fiume di narrazione, abbandoniamo per qualche minuto il mondo contemporaneo, immergendoci in parole, pensieri, azioni, che appartengono al passato, ma che insegnano qualcosa anche nel presente. Per esempio che il rispetto per i defunti va oltre la fine dell'esistenza, e come questo ogni sentimento, in fondo, non sia altro che un modo per concepire la vita, nella sua complessità fatta di tante sfumature, e che abita in ogni dimensione, tangibile, spirituale, concepile, immaginabile.
    E l'immaginazione ridipinge la realtà. In maniera sublime.

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